Maschere di carta – Ep.2

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Maschere di carta – episodio 1

L’uomo di mezza età seduto al banco di California Bakery, è contento di aver trovato il tempo per una buona colazione questa mattina. Il suo lavoro frenetico spesso lo costringe a saltare quello che lui sa essere il pranzo più importante della giornata ma stavolta è riuscito persino a premiarsi con una colazione in questo posto che gli ricorda la sua adorata California. E poi è una mattinata di primavera stupenda. Aria fresca e temperatura ideale. Sta ripensando agli affari che dovrà concludere in giornata, quando vede una Mustang nera parcheggiare dal lato opposto della strada. Si lecca i folti baffi, incuriosito. Prova sempre piacere alla vista di potenti automobili americane ed è curioso di scoprire chi sia il guidatore. Forse, un ricco figlio di papà, poco più che ventenne. Dal modo in cui ha dato gas, gli sembra che abbia bisogno di darsi un tono. Però la manovra di parcheggio è morbida e sicura, da guidatore esperto. Potrebbe essere un uomo d’affari sulla cinquantina. Dall’auto esce invece un ragazzo tra i venticinque e i trent’anni. Di bell’aspetto, biondo, capelli corti, occhi azzurri, ha un modo di camminare elegante e raffinato e indossa un completo scuro e occhiali da sole da aviatore. Si ferma davanti alla vetrina per scattare una fotografia ed entra digitando sullo smartphone. I giovani ormai sono ossessionati da questi strumenti. Gli siede vicino, salutandolo con un cordiale: “Buongiorno”.

L’uomo di mezza età rimane spiazzato e risponde dopo una pausa un po’ lunga: “Buongiorno”.

Il ragazzo ordina una spremuta e una fetta di cheesecake, poi l’attenzione dell’uomo è attirata da un’altra persona che entra nella bakery. Una ragazza dai capelli scuri che si muove come una pantera mentre si avvicina al bancone. Il ragazzo seduto al suo fianco sgrana gli occhi come davanti ad un fantasma e la fissa imbambolata, senza dire nulla. La ragazza gli chiede: “Scusa, ci conosciamo?”.

Per un attimo lui ha un’esitazione e la sua bocca si dischiude, mentre si sbilancia con la più stupida delle domande: “Ma sei tu?”.

Lei ride e dice: “Bé… se proprio ti interessa saperlo, direi di sì. Io sono io…”.

“No, intendo dire… Sei proprio tu?” dopo una pausa piuttosto lunga “Sarah?”.

L’uomo di mezza età si arriccia un baffo. È incuriosito dalla situazione, ordina un’acqua frizzante.

Lei si appoggiò al bancone, guardando il ragazzo. Sorride. “Come sai il mio nome?”.

“Già, come sai il suo nome?”. Si domanda l’uomo di mezza età, grattandosi un sopracciglio. Forse vi siete conosciuti ad una festa, avete bevuto, avete parlato e tu pensavi di portartela a letto… E invece lei alla fine è andata a casa con un altro. Però mi sembra che tu la conosca più approfonditamente di così, che lei per te sia importante.

L’uomo di mezza età raccoglie alcune briciole dal piattino e le mangia, come fossero patatine.

Il ragazzo dice: “Quindi… sei davvero tu”.

Lei lo studia con attenzione: “Io però… proprio non mi ricordo di te”.

Che figura patetica, pensa l’uomo. Guarda l’orologio, si sta facendo tardi, ma la scena è divertente, per una volta, gli impegni possono aspettare. 

Sarah si avvicina, scostando dal viso i capelli del ragazzo, studiando con attenzione i lineamenti delicati, esclamando all’improvviso: “Ma tu… sei Scarafaggio?”.

L’uomo di mezz’età emette un colpo di tosse, soffocando una risata.

Il ragazzo, devia lo sguardo e dice: “Anche a me fa piacere rivederti, sai?”.

“Scusa… scusa… non ti volevo offendere. È che il soprannome mi è venuto in mente prima del nome, scusa… Sei… Sei Renato, giusto? Certo che ora sei proprio diverso. Sei cambiato molto”.

“Tu invece sei sempre la stessa”.

“Cosa intendi dire?”.

“Niente… niente. Sì, sono io, Renato, ma tutti ora mi chiamano Ryan”.

“Ryan?”.

“Sì… ho vissuto in America, Renato mi piaceva poco e me lo sono fatto cambiare”.

I due personaggi sembrano conoscersi da molto più tempo di quanto si potesse sospettare e questo è un imprevisto colpo di scena. Ora, l’uomo di mezza età che solitamente non è abituato a farsi gli affari degli altri, è curioso. Morbosamente è entrato nella vita di queste due persone che per una casualità si sono incontrate davanti a lui, dopo che non si vedevano da chissà quanto tempo e adesso, è curioso di conoscere le loro storie.

“Sei diventato molto più interessante… Ryan. Non hai cambiato solo il nome”.

Lui alza il bicchiere dell’aranciata, annusandone il profumo. Si bagna le labbra e poi guarda Sarah dritto negli occhi: “Non so, non faccio mai confronti con il passato. Per me conta solo il momento presente”.

“Il momento presente?”.

“Il qui e l’adesso. Il passato in fondo non esiste se non nei nostri ricordi, ma i ricordi li vediamo solo attraverso il filtro della nostra memoria emotiva”.

“Stai rendendo tutto complicato… Ed io che volevo farti un complimento. Ti sei montato la testa secondo me…”.

“Montarsi la testa è estremamente pericoloso…”.

“Montarsi la testa… è credersi al di sopra delle proprie possibilità… ed è assolutamente pericoloso”.

“Così si diventa superbi. E la superbia è il più grave dei peccati capitali, secondo la dottrina cattolica”.

“Solo che i cattolici, i peccati capitali… scusa ma io preferisco chiamarli vizi… li hanno presi in prestito dagli antichi greci… e li hanno riadattati in base alla loro comodità”.

“Uhm… Anche tu sei pericolosa”.

Entrambi ridono. Ryan beve il succo d’arancia in un sorso e dice: “Mi ha fatto piacere rivederti, ma ora devo andare”.

“Per essere una persona che vive solo il momento presente, sei parecchio di fretta. E comunque, ciò che dici non ha senso. Sono l’intreccio, la storia, lo scorrere del tempo, il collegamento tra passato presente e futuro a rendere le cose eccitanti… Senza il confronto… senza evoluzione… la vita che cos’è?”.

L’uomo di mezza età si sfrega il mento mentre ragiona su queste frasi. Lui ha qualche anno in più e pensa che in fondo abbiano ragione entrambi. Senza tempo, la vita non ha senso ma è il momento presente ad avere davvero importanza. Lo aveva letto anche su un libro di filosofia ma adesso non ricorda quale illustre mente avesse partorito tale concetto. Guarda ancora l’orologio.

Ryan dice: “Io non so la vita cosa sia… e sinceramente non mi interessa. Io so solo che adesso sono qui, con te… che sto per andare via… e che mi ha fatto piacere rivederti”.

“Cercami su Facebook… così rimaniamo in contatto. Mi trovi come Minerva…”.

“Minerva?”.

“È il mio secondo nome”.

“Già… ricordo… Dai… Sono a Milano solo da ieri… e non ho molto da fare…  una di queste sere magari organizziamo e ti offro un aperitivo, così continuiamo il discorso”.

Sarah sorride.

Quando Ryan si allontana, il cameriere serve a Sarah una ciambellina con glassa al pistacchio. “Da parte del ragazzo che è appena andato via e che le ha offerto la colazione”.

Maschere di carta – episodio 3

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